Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Severino Poletto
Intervista di Frank Zammit a Sua Eminenza Reverendissima
Il Signor Cardinale Severino Poletto
Arcivescovo Emerito di Torino
1.
Come e' nata la sua vocazione sacerdotale?
La mia vocazione al sacerdozio ha un’origine normale, nel senso
che da ragazzino facevo il chierichetto nella mia Parrocchia e la figura di due
vice-parroci presenti accanto ad un Parroco più anziano mi ha entusiasmato ed è
nato nel mio cuore il desiderio di diventare come loro. La celebrazione della
Messa e la predicazione della Parola di Dio, l’apostolato che loro svolgevano
suscitavano in me, ragazzino di dodici anni, l’entusiasmo e la voglia di essere
come loro. Ovviamente poi il loro consiglio, la loro guida, l’entrata in
seminario già nella scuola media, come si usava a quel tempo, mi ha consolidato
nella scelta di diventare sacerdote e sono stato ordinato sacerdote a Casale
Monferrato, provincia di Alessandria in Piemonte, da Mons. Giuseppe Angrisani.
2. In un’ epoca come questa caratterizzata da una
crisi profonda della famiglia, come e’ possibile aiutare la societa’ a
riconoscere sempre di piu’ il valore della famiglia? Quali sono
le sfide principali?
Desidero rispondere a questa seconda domanda collegandola con la
prima, perché la mia vocazione sacerdotale ha trovato nella mia famiglia di
origine un ambiente molto favorevole a livello di fede, di testimonianza dei
miei genitori e fratelli e quindi in un contesto di grande sensibilità e fede
cristiana. Oggi la famiglia è in crisi perché la fede si è indebolita, la
secolarizzazione avanza e il relativismo morale, comprendendo anche
l’affievolimento del valore del sacramento del matrimonio, aumenta il numero
dei separati e divorziati ecc…e suscita una fragilità che colpisce molti
giovani i quali non sono sufficientemente preparati ad assumersi impegni “per sempre”.
Noi come Chiesa indubbiamente parliamo del valore della famiglia
fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna che per il credente è un
sacramento e per il non-credente sarà soltanto un matrimonio civile. Come
Chiesa insistiamo su questo, mentre molti Parlamenti della nostra Europa vanno
verso il riconoscimento di altri tipi di
famiglie e diventa difficile influenzare i legislatori a difendere il valore
della famiglia. Questa è una grande sfida, perché la mancanza di stabilità
della famiglia e dell’amore tra marito e moglie porta di conseguenza una
mancanza di aiuto ai figli i quali crescono in un ambiente educativo
sfilacciato e povero di valori. Questa è una delle sfide principali, perché di
conseguenza, la comunità cristiana deve sopperire a quello che manca in tante
famiglie soprattutto a livello di educazione alla fede e anche perché famiglie
scarsamente cristiane ci tengono ad avviare i loro figli ai sacramenti e
all’educazione cristiana ma senza dare loro il supporto della fede e
dell’educazione cristiana fondata sulla testimonianza.
3. A proposito delle radici Cristiane d'Europa e della
Costituzione Europea, che ne pensa?
Io credo che noi europei stiamo vivendo a livello di riconoscimento
della nostra storia con dei complessi di inferiorità, rispetto ad altri popoli
che non hanno vergogna di invocare Dio e di mettere il nome di Dio alla base
delle loro Costituzioni. L’Europa non può non riconoscere che si è formata dentro
ad una cultura cristiana e che l’opera del monachesimo e della presenza delle
comunità cristiane a livello educativo - assistenziale sono stati determinanti
per caratterizzare le nostre società europee. Che la Costituzione Europea
non espliciti le proprie radici cristiane è veramente una visione un po’ miope
della storia e anche una mancanza di verità nei confronti di ciò che noi siamo
e da dove veniamo.
4. Molti pensano che la Chiesa sia in difficolta’ di fronte ai
cambiamenti imposti dalla modernita’. Che cosa pensa?
Ritengo che non sia vero che la Chiesa sia in difficoltà di fronte ai cambiamenti
imposti dalla modernità, perché la Chiesa ha sempre perseguito
una sua linea di fedeltà a Cristo e al suo annuncio di salvezza offerto agli
uomini. Indubbiamente la modernità mette in discussione molti valori
evangelici, soprattutto il rapporto fede e ragione che il Santo Padre Benedetto
XVI difende in modo così categorico per dire che la fede illumina la ragione e
la ragione ha bisogno della fede come via di conoscenza della verità. Di fronte a questa situazione
direi che la Chiesa
non ha particolari difficoltà anche se non sempre trova sufficiente ascolto e
accoglienza del suo Magistero. La modernità, che sotto certi aspetti porta dei
vantaggi nel progresso economico e sociale, tante volte corre il rischio di
produrre un autunno, se non addirittura un inverno spirituale. Dobbiamo essere
più forti nella nostra testimonianza e saper coniugare i valori della modernità
con la fede, perché la fede illumina ciò che di grande e di bello l’uomo può
realizzare nella sua storia individuale
e sociale.
5. Cos' e' cambiato in questi vent'anni?
Dipende dal punto di vista in cui si pone questa domanda. Se io la
guardo dal punto di vista della fede devo riconoscere che in questi vent’anni e
anche più, l’impostazione profonda della fede ha subito a livello generale un
indebolimento col diffondersi di un relativismo sia veritativo che morale. Se
invece guardiamo dal punto di vista delle condizioni di vita direi che in questi
vent’anni c’è stato un grande progresso a livello sociale, almeno in questa
nostra Europa. Noi però dobbiamo considerare l’attuale crisi economica che ha
colpito il mondo e le grandi aree di povertà disseminate in vari continenti di
cui non possiamo ignorare la gravità . Abbiamo il dovere di promuovere una
politica mondiale che non accetti più che i ricchi diventino sempre più ricchi
e i poveri sempre più poveri. Bisognerebbe veramente che Organismi internazionali,
come l’ONU o altri enti equiparati, avessero più autorità per orientare le
politiche dei paesi maggiormente influenti nel mondo a realizzare il valore dell’equità
e della giustizia per tutti.
6. Quali sono le nuove sfide della Chiesa?
Oggi la Chiesa
si trova davanti al dovere di una rinnovata prima evangelizzazione. Abbiamo
delle persone battezzate che si professano cattolici, anche credenti, ma la cui
vita non corrisponde alla coerenza evangelica e perciò, come dice giustamente
il Santo Padre Benedetto XVI, abbiamo bisogno di una nuova evangelizzazione e io aggiungo di una rinnovata prima
evangelizzazione, perché è la fede in Dio che sta vacillando e quando c’è
l’eclissi di Dio sull’orizzonte delle persone, delle famiglie e della società c’è da temere che prevalgano
egoismi e deliri di onnipotenza da parte di singoli individui o di singoli
Stati.
7. Che cosa rende convinti i Cristiani di oggi?
É una domanda un po’generica
perchè io ritengo che rendere convinti i cristiani di oggi della loro fede richieda una continuità di
educazione dall’infanzia all’adolescenza e dalla giovinezza fino all’età
adulta. Nelle nostre comunità cristiane
c’è un vuoto di fede, soprattutto a livello di ˝giovani - adulti˝ , dei
genitori dei ragazzi dell’infanzia e della scuola primaria per cui è molto
difficile avviare a delle convinzioni profonde, che valgano poi per tutta la
vita, i bambini e i ragazzi se non hanno nei loro genitori dei modelli di fede coerente.
La formazione permanente soprattutto dei giovani e degli adulti è quindi
l’impegno più grande per avere dei cristiani capaci di testimoniare la loro
fede anche in questa società così secolarizzata.
8. Come si può risolvere la crisi delle vocazioni?
Farei una precisazione. Non credo che oggi la crisi di vocazioni
nasca dalla mancanza di chiamate.
Vocazione vuol dire chiamata. Il Signore continua a chiamare anche oggi, c’è
mancanza di risposte. La mancanza di risposte ha tante motivazioni, la più evidente
è che i giovani di oggi hanno paura del
“per sempre”. Se si osserva
con una certa attenzione non c’è soltanto la crisi della vocazione al
sacerdozio o alla vita religiosa, ma c’è anche la crisi della famiglia fondata
sul matrimonio. C’è il timore di un impegno per tutta la vita. Il contesto di
una fede più debole certamente non favorisce una risposta di donazione della
propria vita al Signore e alla causa del Vangelo che è caratteristica
soprattutto della vocazione al Sacerdozio.
Devo dire che nella realtà torinese, da alcuni anni a questa parte, c’è
un numero crescente di giovani che si orientano al sacerdozio, anche se per ora
non sono tantissimi, ma sia a livello numerico che qualitativo abbiamo dei
giovani che esprimono impegno ed agiscono con molta convinzione sia a livello
spirituale che intellettuale e pastorale.
9. In passato si e' parlato della difesa del crocifisso
nei luoghi pubblici, o piu genericamente della questione dei simboli religiosi.
Che cosa pensa su questa tema?
Si sono dette tante cose su
questo argomento che ogni tanto riaffiora. La presenza del crocifisso in luoghi
pubblici manifesta che tutto della nostra storia è impregnato di valori
cristiani, Credo che il Crocifisso non possa essere presentato come negativo,
come offesa per qualcuno. Il Crocifisso è per noi credenti l’immagine di Gesù Cristo
che ha dato la vita la salvezza di tutti. Anche per i non credenti esso è il
segno di una testimonianza di amore universale senza distinzione di persone. Un
simbolo di alto valore che va spiegato anche a chi non è cristiano così che si possa
capire il messaggio d’amore universale che Gesù Crocifisso offre a tutti.
10. In che modo incontriamo Gesu', vero Dio e vero uomo?
Come si fa presente nella liturgia?
La fede nasce dall’annuncio, lo dice San Paolo nella
sua lettera ai Romani. Quindi si deve annunciare Gesù Cristo già nella famiglia,
nella comunità cristiana e poi attraverso le grandi testimonianze di carità, così
diffuse in tutti i nostri ambienti. Basterebbe guardare quante realtà di
solidarietà nei confronti dei poveri, degli immigrati, dei senza lavoro che
oggi si moltiplicano attorno a noi per constatare come la Chiesa sia
all’avanguardia sul fronte della carità
e dell’accoglienza. Anche la società civile sta facendo la sua parte, ma la Chiesa è sempre stata la
prima sul fronte della carità, anche guardando la storia passata.
11. Eminenza, ricorda la prima volta che incontro' Karol
Wojtyla?
Ricordo benissimo
la prima volta che ho incontrato il Santo Padre
Giovanni Paolo II.
E’ avvenuto
nel 1980 qui a Torino e io ero, appena da tre giorni, Vescovo eletto a Fossano.
Il Papa mi incontrò insieme a tutti i
Vescovi del Piemonte, non ero ancora ordinato Vescovo, ma solo eletto. Non mi
conosceva a livello personale e mi ricordo ancora la frase che disse in
quell’occasione: Abbiamo nominato un Vescovo giovane”. Quell’incontro
col Papa a Torino il 13 aprile 1980 è stato il primo di numerosi altri incontri
che la vita e le circostanze mi hanno dato poi l’occasione di realizzare.
12. Eminenza, c'e' qualcosa della personalita del Beato
Papa Giovanni Paolo II che a Lei e' rimasto impresso?
Possiamo ricordare tantissime
cose come caratteristiche importanti che ci fanno apprezzare questo Papa:
la sua capacità di entrare in sintonia con
la gente, soprattutto con le grandi folle; il suo fascino sui giovani per i
quali ha inventato le Giornate Mondiali della Gioventù. Ma quello che io vorrei
evidenziare come caratteristica che più
mi ha colpito, è la sua capcità di stare in profonda comunione con Dio pur in
mezzo all’attività, alla gente, agli impegni pastorali. Giovanni Paolo II era
un uomo di preghiera, non lasciava vuoti
neanche i più piccoli intervalli degli impegni pastorali senza raccogliersi e
dialogare col Signore. Era un contemplativo, un mistico.
13. In che modo, Giovanni Paolo II ha influenzato con i
suoi insegnamenti ed encicliche la cultura postmoderna di oggi?
Io credo che il Magistero di Giovanni Paolo II sia molto ricco anche
per il lungo tempo del suo Pontificato. Non dimentichiamo che fu eletto Papa a
Ottobre del 1978 e morì nell’aprile del 2005 e perciò le numerose encicliche,
la pubblicazione del Codice di Diritto Canonico per attuare le Costituzioni e i
Decreti Conciliari, la pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica,sono
gli esempi più significativi del suo Magistero, che ha indubbiamente influenzato
non solo la Chiesa ,
ma anche il mondo intero. Perciò io
ritengo che grande sia stata l’influenza di Giovanni Paolo II sulla storia. Pensiamo
soltanto alla caduta del muro di Berlino, a come è crollato il comunismo
sovietico senza spargimento di sangue. Io credo che la storia riconoscerà che
il merito principale di questi eventi e di questa evoluzione sia avvenuta per
merito di questo grande Pontefice.
14. Eminenza che cosa prova come uomo e come pastore
sulla tema della immigrazione illegale?
Il problema dell’immigrazione
è un problema da affrontare senza pregiudizi e senza chiusure. L’umanità si è
trovata spesso nella condizione di vivere il fenomeno dell’immigrazione. Noi italiani
stessi, all’inizio del novecento, siamo
immigrati in varie parti del mondo anche in modo clandestino e illegale e molti
sono riusciti a crearsi un grande futuro.
Io ritengo che l’immigrazione dovrebbe essere regolata da accordi
tra nazioni di partenza e nazioni di arrivo. Le persone e famiglie che emigrano
per crearsi un futuro migliore per se stessi e per i propri figli hanno il
diritto di essere accolte e aiutate. Indubbiamente la nostra società ha il
dovere di difendersi quando l’immigrazione non è finalizzata a un progresso
sociale ed economico di se stessi e della propria famiglia, ma è finalizzata a
portare delinquenza o sfruttamento delle persone.
Parlando alla città di Torino, centro importante di immigrati,
dissi tante volte e in diverse occasioni che Torino deve caratterizzarsi come
città accogliente, tollerante ed esigente. “Accogliente”
perché dobbiamo veramente accogliere chi viene con onestà per cercare un lavoro
e migliorare la propria vita; “tollerante”
per accettare tutte le culture e integrare questi immigrati nella nostra
cultura locale rispettando però i loro convincimenti e le loro posizioni
culturali, ma anche “esigente” perché
chi viene per portare delinquenza, prostituzione o comportamenti delittuosi,
non può essere accettato e lo Stato ha il dovere di difendersi anche rimandando
ai propri Paesi questo genere di persone.
Ritengo però che la gran parte di chi viene qui non appartenga a questa
ultima categoria.
15. Forse la
Chiesa deve farsi sentire di più su queste tematiche?
Io non credo che la
Chiesa sia silenziosa rispetto a questi temi. Se leggiamo gli
interventi dei singoli Vescovi, quelli della Conferenza Episcopale Italiana e gli
interventi del Papa, ci rendiamo conto che la Chiesa non è mai stata in difficoltà nel
proclamare il principio evangelico dell’accoglienza, della solidarietà, della
condivisione e dell’aiuto ai più poveri. Basti pensare a quanto sul tema della
carità e della solidarietà la
Chiesa ha fatto e sta facendo anche oggi, sia per quelli che
arrivano sia per le calamità naturali che succedono ogni tanto nel mondo.
16. Il Novecento e' stato un secolo di mass media. Il XXI
secolo sembra un secolo di personal media: ognuno si crea la sua informazione,
cerca quel che vuole online. Per voi uomini di Chiesa che sfida e' questa?
Io credo che la globalizzazione sia un fatto positivo se la si
vive con un certo atteggiamento e pericoloso se la si interpreta in modo
negativo nel senso di accogliere tutto ciò che c’è di peggio nel mondo, mentre
invece la globalizzazione dovrebbe spingere le persone a cercare il positivo.
Oggi attraverso internet e le varie
tecnologie d’informazione tutto il mondo diventa presente nel salotto di casa.
Questo può essere fonte di grande opportunità per nuove conoscenze, ma può
anche essere un pericolo, soprattutto per le giovani generazioni. La capacità
critica di discernere ciò che è da accogliere e ciò che è da rigettare è frutto
di educazione e di maturità. Per noi
uomini di Chiesa anche questa è una
sfida educativa. Non si tratta di proibire, si tratta di educare a un
discernimento critico. Questo non vale solo per i mezzi più sofisticati della
comunicazione, ma vale anche per i mass
media in genere: giornali, manifesti, radio, televisione e i comportamenti delle
persone.
Io credo però che a
conclusione di tutta questa chiacchierata si debba dire che dobbiamo andare
avanti con grande speranza e con
ottimismo, perché anche se il male sembra prevalere e fare chiasso più del bene
sono convinto che oggi il bene sia molto più grande del male. Gli uomini e le
donne del nostro tempo portano in sé dei valori positivi molto grandi. Chi è
onesto e fa il bene normalmente non suona la tromba e non fa chiasso, ma pur
nel silenzio, è veramente colonna portante di un’umanità che ha bisogno di
essere sostenuta e indirizzata verso l’unico vero Salvatore che è il Signore
Gesù. É l’annuncio di Cristo che salverà il mondo e questo la Chiesa sa di doverlo fare
con sempre maggior convinzione ed entusiasmo. Questa è la vera sfida di oggi,
anzi la sfida di sempre che il Signore ha affidato a noi, suoi discepoli.
Grazie
No comments:
Post a comment